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Il Natale baianese: “Il Maio”

di Maria Rosa Picciocchi

 

Inizia il 13 Dicembre (Santa Lucia, “'a vista “e ll'uocchie”), quando, prima delle 5:00 del mattino, le campane annunciano ai fedeli l’inizio delle “messe ‘e notte” che durano fino alla mattina di Natale. Venivano, e sono, così chiamate perché celebrate prima dell'alba per dare agio a tutti i devoti (contadini, boscaioli e alle loro donne) di parteciparvi e poter, poi raggiungere, in tempo utile, ossia prima che il sole sorgesse, il proprio posto di lavoro.

Le “messe ‘e notte” non sono la semplice celebrazione eucaristica in quanto durante tutto il periodo, dopo la celebrazione stessa, un gruppo di persone, soprattutto ragazzi, va in giro per le vie del paese suonando e cantando canzoni napoletane e canti locali, in particolare “Oi Stefani”.

Giorno cruciale della festa è anche il 14 dicembre, festa di Sant'Aniello. Tutti gli uomini in ansiosa attesa di diventare “padre”, non mancano (forse unica volta nell'anno!) di recarsi alla Messa, con qualsiasi tempo, perché “Sant'Aniello è vendettuso e fa nascere 'e criature c’ 'o scartiello!” (Sant'Aniello è vendicativo e fa nascere i bambini con la gobba!). Intimiditi al pensiero del maleficio, stanno in chiesa silenziosi, compunti , confusi e “convinti” di aver appena scongiurato con la partecipazione alla funzione sacra.

La sera della vigilia di Natale, in una delle vie del centro antico del paese, al1'interno di un cortile, viene allestita una grotta, metafora della Natività. Verso le 2:00 inizia la processione per il paese con il Bambinello sistemato su di un carro.

Molti partecipano alla processione, soprattutto gruppi di giovani, alcuni anche armati con fucili ad avancarica. La processione finisce alle 24,00 seguita poi dalla celebrazione della “messa di mezzanotte" che chiude la prima fase della festa.

La seconda fase è quella relativa alla vera festa del “Maio”, caratteristica ed originale, la più popolare nel mandamento e fuori, ricca di rituali tra il sacro e il profano. Per i Baianesi il Natale è sempre stato, e sarà, il Maio di Santo Stefano: siamo sempre stati refrattari e insensibili alle pubblicità dei media che martellano con panettoni, regali, la vacanza sulla neve o su qualche spiaggia esotica.

Di per sé la festa è semplice: l'albero più alto del bosco di Arciano viene tagliato e portato in processione fino al sagrato della Chiesa di Santo Stefano, dove viene innalzato e fissato a devozione ed onore del Santo protettore. Questo rito, immutato da secoli, pur cosi semplice, diviene ricco per l'intensità con cui è vissuto da tutti: ognuno ha il suo ruolo, la sua responsabilità, ognuno interpreta da sempre la sua parte che prima di lui era stata del padre, del nonno e così via.

Il “Maio” è un albero grosso, alto e dritto, scelto giorni prima nel bosco di Arciano, per essere sacrificato e tagliato in onore di Santo Stefano Protomartire, Patrono di Baiano. Il grosso albero viene accuratamente scelto e contrassegnato con due “SS”, acronimo di Santo Stefano.

Il giorno 25, poco prima dell'alba, si celebra la messa e poi benedetti gli arnesi (corde, accette, …) che serviranno per il taglio dell'albero, i “mannesi” (coloro che per mestiere utilizzano l'accetta) insieme a numerosi giovani, salgono poi in montagna per tagliare l’albero. Particolare cura viene prestata per pulire il tronco e per preservare la chioma, che deve fare bella mostra di sé una volta che il Maio svetterà davanti alla Chiesa di Santo Stefano.

È stupefacente la trasformazione che subisce questo albero: dal momento in cui viene contrassegnato con cerchi di vernice rossa, con la doppia SS, non è più un albero ma un simbolo e come tale viene trattato nel corso di tutta la funzione.

A taglio ultimato, l’albero viene posto a terra e sfrondato. Poi viene posizionato su un “carruocciolo” di ferro e portato a valle, qui viene trasferito e sistemato su un carro trainato da tre cavalli  pronto per essere trasportato e raggiungere la Chiesa di Santo Stefano.

Il carro che trasporta 1’albero è seguito da un corteo di persone che cantano e ballano sulle note di “Oi Stefani, sempe accussì, ...”, inno ufficiale della festa del Maio, musicata dal maestro Maiella, avellano, sui versi di don Agostino Masi, all'epoca farmacista di Baiano.

Il corteo è preceduto da gruppi in costumi folcloristici, come l'Antico Gruppo Avancarica, un gruppo di appassionati armati di fucili ad avancarica (le “carabine”) che si esibisce negli spari. Alcuni ragazzi suonano tamburi, incessantemente, lungo il percorso.

A cavalcioni sulla cima del Maio in processione, appena dietro la chioma, siede un uomo che, con un gesto come benedicente, lancia tracchi e mortaretti, a destra e a manca, badando a non arrecare danni a persone.

All’ingresso del paese, il Parroco, in cotta e stola, coi chierichetti, attende il Maio, lo benedice, benedice quanti lo accompagnano e si pone alla guida del corteo lungo il corso principale del paese.

La banda suona, la gente canta e spara, le “carabine“ si raccolgono in cerchio per una “scarica” collettiva. Ogni tanto esplode il grido: “Viva ‘o Maio ‘e Santu Stefano” e tutti vi si associano.

Ecco il sagrato della Chiesa.

Come gli obelischi di una volta, il Maio viene issato infilando la base del tronco in una buca, già preparata per l’occorrenza. Dal tetto della chiesa un buon numero di persone fa capolino dal frontone in attesa del momento di calare le grosse funi che serviranno ad agganciare l’albero e a issarlo: sui loro volti si legge l’emozione, la responsabilità e l’orgoglio di essere protagonisti della parte più spettacolare della festa.

Sono momenti di apprensione e di fiato sospeso che finiscono allorché il tronco è diritto e fermo. Non minore è l’apprensione e la tensione quando un abile boscaiolo (sempre lo stesso, fino a che non passerà il testimone al figlio), erede di tradizioni familiari, a forza di gambe e di braccia, sale lungo il tronco dell’albero e scioglie le funi prima legate per issarlo.

A questo punto il voto è adempiuto, il Maio svetta, si elevano grida di giubilo, le campane suonano a festa. Dopo, tutti tornano a casa appagati e pronti ad onorare il pranzo natalizio.

Si torna a casa verso le 13.00 per il pranzo, e si mangia in fretta perché subito dopo comincia la raccolta dei “sarcinielli” (fascine fatte di ramaglie di alberi).

Nel primo pomeriggio gruppi di giovani e meno giovani in giro per il paese, con trattori e camion, raccolgono le fascine per trasportarle ai piedi del “Maio” ed accatastarle fino a formare un mucchio voluminoso. Al calar del sole, dopo la Santa Messa, i sarcinielli vengono bruciati per fare il “focarone” (il falò).

L'atmosfera cambia totalmente, diventa raccolta, intima, calda, solidale, mentre il riverbero delle fiamme illumina i volti stanchi ma felici. Il Maio si eleva verso il cielo e sembra far convergere verso Santo Stefano tutto l'affetto che il popolo baianese è capace di dare.

… e lla nnanz' a chellu fuoco

i' te giuro tutt’ ‘o bene,

tutt’ ammore che me vene

da stu core mio pe te

Dopo una rapida visita in Chiesa, la gente si ritira a casa, stanca e appagata, già predisponendosi al diverso scenario, pacato e disteso, del giorno successivo quando si svolgerà la processione in onore di Santo Stefano, da seguire devotamente ed indossando gli abiti migliori, “quelli della festa”.

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